19
Feb

Arte edificatoria e coralità nella tradizione costruttiva dell’Italia meridionale

Francesco Polverino

Le descrizioni delle tecniche costruttive antiche riportate nei testi di architettura e nella manualistica del passato, sebbene contengano elementi spesso sufficienti alla identificazione e alla sommaria comprensione dei capitoli della storia dell’arte edificatoria, di contro mancano, se non in casi estremamente semplici, di una reale e puntuale definizione delle fasi che sottendono l’atto della costruzione, fasi la cui conoscenza è invero indispensabile da un lato per poter comprendere a fondo le caratteristiche degli elementi costruttivi degli edifici, dall’altro per ben valutare le riserve di potenzialità ancora esprimibili dagli stessi, dall’altro ancora per conservare la memoria di momenti di significativo valore culturale ed etnico in cui tradizionalmente rientrava un evento costruttivo. Una mancanza, quella citata, dovuta essenzialmente al carattere di universalità di detti testi e manuali e al fatto che il livello esecutivo, soprattutto per le tecniche d’uso corrente, in passato era di solito demandato direttamente alle maestranze che, vuoi per una incapacità culturale a porre su carta la loro esperienza, vuoi per una congenita ritrosia a farsi ‘rubare il mestiere’, tramandavano la loro arte solo a pochi allievi unicamente in forma verbale o durante lunghi periodi di apprendistato.
Paradossalmente, proprio perché affidate alla bravura del ‘mastro’, molte tecniche costruttive del passato, ancorché di larga diffusione, una volta obsolete sono state di fatto completamente cancellate dalla memoria storica dei modi di edificare, con grave perdita di tradizioni culturali di respiro universale e, soprattutto, di interesse locale.
Emblematico in tal senso è il caso dei lastrici battuti, espressione con cui in Italia Meridionale, ed in particolare nel Napoletano, sono ancora indicati quegli antichi massi pavimentali di copertura, di semplice calpestio o di supporto ai piastrellati, che, realizzati con materiale, anche eterogeneo, posto in opera allo stato sciolto o a consistenza plastica, acquisivano solidità, compattezza e impermeabilità attraverso energica battitura della superficie libera, massi che chiudevano superiormente gli elementi solaio e le volte e che ancora supportano il bianco candore delle coperture di tante case tradizionali dell’Italia Meridionale, delle isole e degli altri paesi dell’area mediterranea.
Un tempo presenti in diversa forma in quasi tutti gli edifici, i lastrici trovarono grande diffusione soprattutto nell’intorno di bacini vulcanici dove maggiore era la disponibilità di lapillo che, unitamente alla calce, costituiva il materiale base per la realizzazione degli elementi di cui trattasi; con il definitivo avvento del conglomerato cementizio e l’affermazione degli attuali sistemi di impermeabilizzazione, essi non furono più realizzati, perdendosi nel contempo il ricordo delle fasi realizzative e le abilità delle maestranze che sino alla metà del XX secolo ne conservavano ancora la cultura tecnica. (…)

L’articolo completo è pubblicato sul numero 26 de ilProgettoSostenibile (vai all’indice)

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