Spazi aperti next generation: la climatizzazione di microambienti non confinati
Oggi si registra una rinnovata attenzione al tema del progetto del “vuoto” nei contesti urbanizzati: la tradizionale riflessione a riguardo del tessuto connettivo tra gli edifici come arena del dispiegarsi di complesse dinamiche legate alla socialità e alle specifiche modalità di appropriazione dei luoghi in termini di identità e coesione si complessifica, in relazione all’intrecciarsi con il dibattito riguardante le strategie funzionali che caratterizzano necessariamente tali spazi come supporto indispensabile per l’introduzione di soluzioni efficaci nei termini di gestione consapevole delle risorse ambientali e dell’energia.
Le riflessioni più mature sui modi di declinare efficacemente il rapporto tra urbanizzazione e sostenibilità ambientale (oltre che economica e sociale), ponendo l’accento su un paradigma legato alla definizione di cicli autosostenuti alla scala microurbana, sottolineano indirettamente il caratterizzarsi di tali spazi come “vettori” fondamentali per l’attuazione dei vari action plans.
Se interpretata in tutta la sua complessità – e con la indispensabile sensibilità – questa linea di tendenza appare potenzialmente detonante anche in relazione alle ricadute di immagine sul paesaggio costruito, in quanto occasione evidente per arricchire e complessificare il vocabolario linguistico dei segni che costituiscono gli elementi di riconoscibilità dei luoghi urbanizzati e per sottolineare ancora una volta l’inadeguatezza dell’interpretazione del connettivo come spazio indifferenziato e attrezzato con improbabili “arredi” (…)
→ L’articolo completo è pubblicato sul numero 26 de ilProgettoSostenibile (vai all’indice)