Cinematismi e superfici pieghevoli in architettura
Gianluca Rodonò, Dario Distefano, Vincenzo Sapienza
Because of the difficult economic situation, that involves the construction sector, it is clear that research should place a reflection on the existing modes of production, in order to clarify the articulation between design, process and product, surpassing the indiscriminate development of ways of production that are responsible of environmental impoverishment. In fact the search for new materials or the reinterpretation of existing ones should focus on two aspects. On the one hand the need to optimize the use of material for the building realizations. Due to this the technological improvements in digital design and production, which allow the perfect control of complex shapes, should not be used to test formal virtuosities but to look for morphological solutions that can exploit the “form resistance”. On the other side, it should be ensured that the flexibility of building components, possibly with kinematic characteristic, avoid a static design that is not able to adapt to changes of use or climatic conditions, making products prematurely obsolete.This article talks about the growing attention which is facing towards architectures equipped with kinematic mechanism and in particular to the foldable surfaces, in which the two mentioned aspects come to perfect integration. On this flourishing trend also fits the KREO research project that studies the possible application in architecture of an innovative kinetic foldable component in composite material, experienced by the University of Catania in collaboration with the CNR.
Nel 1995 Frei Otto richiamava, insieme ad un ritorno ad un’architettura di tipo minimale, al “bisogno di edifici sicuri e sani, ma più mobili e più adattabili” e ad usare i nuovi strumenti di calcolo per arrivare a “una nuova comprensione della natura”, che generi “forme altamente performanti, ovvero forme classiche, che uniscano gli aspetti estetici ed etici. (…) L’architettura di domani sarà di nuovo un’architettura minimale, un’architettura di processi che si auto educano e si auto ottimizzano sotto la guida dell’uomo”.
La relazione tra architettura e cinematismo ha origini molto antiche. Già in epoca romana le coperture degli anfiteatri, velaria, erano realizzate seguendo tecniche sviluppate in ambito navale per movimentare le vele. I tessuti di copertura erano sostenuti e dispiegati attraverso un complesso sistema di funi. Ancora oggi le coperture dei luoghi dello sport seguono spesso questo principio, con l’utilizzo però di materiali e tecniche innovativi.
Tra gli anni venti e trenta del 1900, l’avvento del Movimento Moderno e le evoluzioni della tecnica hanno permesso ai progettisti di sperimentare soluzioni in cui gli edifici potessero alterare la propria configurazione. Ne e` un esempio la Villa Girasole di Angelo Invernizzi, edificio letteralmente su ruote che può orientarsi per seguire l’andamento del sole e risulta pertanto caratterizzato da proprietà di adattività per esigenze climatiche.
Walter Gropius nel 1927 progetta un teatro, in collaborazione con Erwin Piscator, il Total Theatre, in cui un meccanismo di movimentazione permette di spostare la scena, per trasportarla all’occorrenza al centro del pubblico. Il cinematismo in questo caso garantisce flessibilita` d’uso per esigenze di fruizione scenica.
Le sperimentazioni continuarono per tutto il Novecento arrivando negli ultimi decenni a soluzioni molto sofisticate come quelle adottate ad esempio da Santiago Calatrava che nel Centro per servizi di emergenza di San Gallo, realizza un sistema di schermatura solare mobile per il lucernario della sala ipogea, al fine di calibrare l’illuminazione interna in base ad esigenze mutevoli.
L’applicazione del cinematismo, nel progetto della Rigid Foldable Gallery di Tachi del 2009, coinvolge invece l’intero oggetto edilizio pensato per riconnettere due edifici esistenti. Grazie alle pieghe dell’involucro il padiglione può essere completamente ripiegato su un edificio esistente e scomparire quando il suo utilizzo non è necessario. È evidente come il tema dell’architettura “cinetica” o “responsiva” si presta ad una sperimentazione progettuale su strutture che, grazie al cinematismo delle loro componenti, possono garantire una pluralità di usi e rispondere a esigenze mutevoli, fino ad arrivare, in casi estremi, a oggetti edilizi che possano essere completamente richiusi quando non utilizzati.
La terminologia con cui si indicano questo tipo di architetture e` piuttosto varia ed articolata ed è in genere legata alle numerose ricerche realizzate. Tra le varie definizioni quella con accezione più ampia è “Architettura Cinetica” definita come “l’insieme di quegli edifici, o parti di edificio, con mobilita`, localizzazione e geometria variabili” senza comprometterne le prestazioni meccaniche. All’interno di questa definizione rientrano quindi sia le architetture trasportabili (mobili, itineranti, smontabili) sia le architetture trasformabili (architetture integralmente cinetiche e architetture a cinematismo integrato).
Per Architettura Interattiva si intende invece un’architettura capace di continuo auto-adattamento alle condizioni del suo contenuto e al contesto in costante evoluzione. Mentre l’Architettura Responsiva e` un tipo di architettura o di costruzione che dimostra la capacità di modificare la sua forma, per riflettere continuamente le condizioni ambientali che lo circondano.
Le Architetture Responsive si distinguono da altre forme di design interattivo incorporando tecnologie intelligenti e reattive negli elementi fondamentali del tessuto di un edificio, conferendo un ruolo centrale ai sistemi di controllo attraverso il Building Managment System (BMS). Tra le architetture responsive in bibliografia si inseriscono i Climate adaptive building shells, involucri edilizi dotati di cinematismi per l’ottimizzazione delle prestazioni energetiche.
Il gruppo di ricerca Adaptive Building Systems della Delft University of Technology ha tentato di sistematizzare questa varietà di definizioni definendo un elenco con livello di progressi tecnologici e performativi crescente: flexible, active, dynamic, interactive, intelligent, smart… (…)
⇒ l’approfondimento continua sul numero 38 de ilProgettoSostenibile